Un protagonista significativo della Storia dell’800 e del Risorgimento italiano, una “inafferrabile” figura di Sovrano capace di suscitare, in ogni tempo, entusiasmi e critiche. Per alcuni studiosi la sua figura merita di essere posta tra i maggiori artefici del Risorgimento, per altri un ostacolo al cammino del movimento liberale. Nel volume, Bruna Bertolo evidenzia il suo difficile percorso esistenziale fin dai primi anni di vita, il suo essere legato ad un tempo che stava finendo, nel quale le esigenze di un nuovo percorso sociale e politico incontravano molte difficoltà nell’affermarsi.
Personaggio complesso, affascinante nelle sue inquietudini, nelle sue decisioni e indecisioni, protagonista involontario in un mondo che si stava velocemente trasformando, nei fatti e negli uomini, in pace e in guerra, la figura di Carlo Alberto viene presentata attraverso un percorso cronologico che evidenzia i momenti più significativi delle scelte di questo Re. Il Re che, pur nelle sue incertezze e dubbi, seppe comunque concretizzare, attraverso la concessione dello Statuto, il passaggio del Regno di Sardegna dallo Stato Assoluto allo Stato Costituzionale e dare il via alle Guerre di Indipendenza: firmando l’atto di abdicazione tracciò la strada che il suo successore, Vittorio Emanuele II, seguì con successo e fortuna verso l’Unità d’Italia.
Le suggestive immagini delle riviste d’epoca raccolte in questo volume e inquadrate storicamente con le vicende alle quali si riferiscono, sono un’ulteriore conferma della popolarità di un Corpo militare nato in sordina, ma affermatosi con una straordinaria rapidità e capillarità: non è un caso che oggi, a più di 150 anni dalla fondazione e dopo la sospensione della coscrizione obbligatoria, gli Alpini conservino una fortissima identità e siano in grado di mobilitare migliaia di iscritti nelle adunate annuali. Nelle guerre del Novecento italiano gli Alpini al fronte furono solo una frazione dei milioni di soldati del Regio Esercito. Ma la memoria dei conflitti è assai più legata ad essi (l’Ortigara, il Monte Grappa, il Pasubio, l’Albania, la Russia) che non alle migliaia di fanti che pure combatterono accanto a loro. Una peculiarità che, tramandata nelle tavole raccolte nel volume, nel corso dei decenni si è trasformata in patrimonio collettivo della Nazione.
Un viaggio alla scoperta delle donne dichiarate sante, di quelle in bilico tra santità ed eresia e delle sconosciute dannate dalla pubblica superstizione. Tra storia e mito, verità e leggenda, un excursus sulle donne riconosciute dalla Chiesa come sante, beate, venerabili e serve di Dio, ma anche di quelle che hanno votato la propria esistenza al sacrificio. In mezzo a loro le donne dannate, quelle che con il proprio sapere hanno intimorito a tal punto da essere bollate come streghe, masche, fattucchiere o eretiche.
Il fulcro di questo volume è dato dal libro sulla “Bell’Alda” che ci fa conoscere un Calandra autore dimenticato, scrittore, pittore ed illustratore minuzioso quanto curioso e gentile nelle sue novelle. Nel libro si trovano integrazioni di altri autori comeAngelo Brofferio con “La Bell’Alda e i laghi di Avigliana”, Massimo D’Azeglio con “La Sacra di San Michele” ed i suoi dipinti, terminando con Pietro Galateri nello scritto “Arnaldo Dalla Rosa Romanzetto storico”.
Dai primi vescovi cristiani alla nascita dei principati quattrocenteschi, passando attraverso le invasioni barbariche, le lotte tra Longobardi e Franchi, le minacce dei Saraceni, le stagioni convulse dell’anarchia feudale, gli interventi di Federico Barbarossa, l’esperienza dei Templari, l’affermazione dei Liberi Comuni: un millennio di storia piemontese, dal IV al XIV secolo, nel quale le vicende regionali riflettono i grandi scenari dell’Europa cristiana. Il volume ricostruisce con rigore scientifico e semplicità narrativa un percorso tanto carico di suggestione quanto ancora poco conosciuto.
Il Medioevo è stato demonizzato come età oscurantista dall’Illuminismo ed esaltato come stagione mitica dal Romanticismo. In realtà, esso è stato l’uno e l’altro insieme: un’epoca ricca di contrasti e di turbolenze, ma anche di originalità e di energia, in cui andò definendosi il nuovo Occidente romano-cristiano.
I primi cento anni della sezione alpini di Vercelli sono rappresentati in questo volume attraverso racconti e fotografie. Non si tratta di un vero e proprio libro storico, ma di una raccolta di argomenti significativi che hanno caratterizzato questi cento anni. Strutturato in cinque parti, il percorso parte dalle origini, per poi affrontare i grandi temi vissuti a livello nazionale che hanno trovato riscontro nella realtà vercellese, la vita contemporanea, la presenza sul territorio attraverso i suoi diciotto gruppi ed infine un’appendice che raccoglie alcune curiosità. La stesura ha visto l’impegno e la collaborazione di alcuni studenti di scuola media secondaria che hanno avuto l’occasione di conoscere la storia di alcuni nostri “veci” e vedere da vicino l’impegno quotidiano profuso nel volontariato attraverso il gruppo di Protezione Civile.
1924-2024: continuare verso il futuro, è il titolo giusto per un libro fotografico che vuole trasmettere il nostro stile di vita, i nostri valori e soprattutto la capacità di farne memoria, attraverso qualche migliaio di alpini vercellesi che in questi cento anni hanno voluto raccogliere lo zaino delle glorie dei nostri avi per portarlo verso il futuro.
Nella tradizione culinaria delle vallate piemontesi troviamo ricette che sono scese verso la pianura per farsi conoscere e apprezzare anche con i loro sapori forti, ricchi di proteine,
di sostanza, perché ideate per nutrire persone abituate al lavoro duro, ai climi rigidi, alla fatica. L’estro umano, delle nonne e dei nonni in prima fila, non si è mai posto molti limiti e ha creato nel tempo ricette fantasiose, buone, gustose e ideali per tutti i palati.
Mondo vegetale e mondo animale che sono la montagna e che diventano componenti essenziali del gusto e dell’arte della cucina.
Dopo l’8 settembre 1943 e per tutto il 1944-45 la guerra ritornò sulle Alpi occidentali. Un fronte difficile, di sicuro molto meno importante e conosciuto della lineaGustav nell’Italia meridionale. Sulla cresta delle Alpi si combatté per mesi una strana guerra di posizione. Da una parte le truppe alleate e quelle del risorto esercito francese del generale De Gaulle, che non avevano la forza di passare all’offensiva in un terreno così aspro. Dall’altra alcuni reparti tedeschi della Wehrmacht, affiancati dalle divisioni della Repubblica Sociale di Mussolini, schierati in difensiva per bloccare l’aggiramento delle forze stanziate nella Pianura Padana. De Gaulle, ormai sicuro della vittoria alleata, attendeva il momento opportuno per scatenare l’offensiva finale ed occupare le aree occidentali del Piemonte e della Valle d’Aosta. Territori che voleva rivendicare come riparazione per l’attacco contro la Francia del 1940. L’ultima battaglia delle Alpi, combattuta pochi mesi prima della Liberazione e della conclusione definitiva del conflitto, fermò ancora una volta gli attaccanti sulle creste di confine, giocando un ruolo determinante nello stabilire gli equilibri dell’immediato dopoguerra.
Chi era la Maschera di ferro? Frutto di una leggenda fiorita tra il XVII e il XVIII secolo in ambienti francesi oppure una figura storica realmente esistita? Questa è la domanda che ha incuriosito gli storici, fin da quando il filosofo Voltaire venne a sapere della sua esistenza e collocò il misterioso prigioniero tra i parametri della realtà. Cercare oggi le tracce della Maschera di ferro è indubbiamente un’operazione rischiosa perché la leggenda e il mito sono dietro l’angolo e possono adulare lo studioso, indicando false piste. Ma abbiamo pensato che comunque vale la pena di tentare: sebbene la vicenda sia soprattutto un fatto storico francese, i suoi punti chiave insistono in due località dell’attuale Piemonte, a Pinerolo e al forte di Exilles. Di quale segreto era depositario quel prigioniero guardato a vista? Qualcosa di molto grave e importante, che avrebbe potuto sconvolgere le sorti di un paese. Senza la pretesa di svelare una volta per tutte l’enigma, cercheremo di fornire qualche risposta, operando senza preconcetti, lasciando che siano gli indizi e le tracce a parlare. Un contributo che offrirà al lettore un quadro generale sufficientemente ampio e uno stimolo ad approfondire la questione.
I castelli in Piemonte rappresentano un patrimonio vario ed estremamente affascinante. Molti castelli, come li vediamo oggi, nel tempo sono stati oggetto di rifacimenti, ristrutturazioni, restauri e se di alcuni siti si possono osservare dei ruderi, altri si sono perfettamente conservati come preziosi e vivi documenti di un’epoca.
Questa raccolta di castelli delle varie province del Piemonte è una selezione che, insieme al racconto di 75 dimore medioevali, ha anche l’intento di invitare a considerare queste costruzioni come protagonisti del paesaggio; costruzioni che innegabilmente offrono spazio all’immaginazione e all’emozione.
Attraverso le vicende delle mondariso, Bruna Bertolo riapre pagine di Storia che hanno per protagoniste assolute le donne, le tantissime donne, di ogni età, che affrontarono il duro lavoro nelle risaie. Una storia “corale”, in cui le vicende personali si inseriscono nel duro percorso del riconoscimento dei diritti, attraverso lotte che, dalla fine dell’800 agli anni 60 del secolo scorso, hanno visto in prima fila quelle lavoratrici che vissero in prima persona le difficili stagioni del riscatto sociale. In quel “mare a quadretti” che caratterizzaancora oggisoprattutto il paesaggio del Piemonte e della Lombardia, l’autrice inserisce in un percorso cronologico, accompagnato da un grande bagaglio iconografico, la storia oramai quasi entrata nel mito di quelle mondine raccontate anche dal celebre film “Riso Amaro”, inserendole in un quadro molto ampio fatto di ricordi, di canti, di scioperi, di scontri …. e qualche volta anche di amori.
Le montagne che uniscono Valsusa con la Dora Riparia e Brianzonese con la Durance sono da sempre caratterizzate dalla peculiarità di svolgere un’azione di cerniera tra territori e popoli molto più che di segnare un confine tra stati. Certo le guerre hanno diviso gli spartiacque che vengono rafforzati con fortificazioni che hanno separato uomini e donne che questi luoghi hanno vissuto, plasmato e modificato. Le fortificazioni che tanto hanno intimorito le genti dei due versanti, non hanno impedito le frequentazioni ed i commerci tra le differenti comunità alpine. Sono loro, nel maestoso contesto alpino che le ospita, le vere protagoniste di queste escursioni con le miniere, i manufatti, i luoghi nel tempo, nella dimensione della riscoperta di un passato, remoto e prossimo, ancora strettamente correlato con il presente.