Le suggestive immagini delle riviste d’epoca raccolte in questo volume e inquadrate storicamente con le vicende alle quali si riferiscono, sono un’ulteriore conferma della popolarità di un Corpo militare nato in sordina, ma affermatosi con una straordinaria rapidità e capillarità: non è un caso che oggi, a più di 150 anni dalla fondazione e dopo la sospensione della coscrizione obbligatoria, gli Alpini conservino una fortissima identità e siano in grado di mobilitare migliaia di iscritti nelle adunate annuali. Nelle guerre del Novecento italiano gli Alpini al fronte furono solo una frazione dei milioni di soldati del Regio Esercito. Ma la memoria dei conflitti è assai più legata ad essi (l’Ortigara, il Monte Grappa, il Pasubio, l’Albania, la Russia) che non alle migliaia di fanti che pure combatterono accanto a loro. Una peculiarità che, tramandata nelle tavole raccolte nel volume, nel corso dei decenni si è trasformata in patrimonio collettivo della Nazione.
Un viaggio alla scoperta delle donne dichiarate sante, di quelle in bilico tra santità ed eresia e delle sconosciute dannate dalla pubblica superstizione. Tra storia e mito, verità e leggenda, un excursus sulle donne riconosciute dalla Chiesa come sante, beate, venerabili e serve di Dio, ma anche di quelle che hanno votato la propria esistenza al sacrificio. In mezzo a loro le donne dannate, quelle che con il proprio sapere hanno intimorito a tal punto da essere bollate come streghe, masche, fattucchiere o eretiche.
Il fulcro di questo volume è dato dal libro sulla “Bell’Alda” che ci fa conoscere un Calandra autore dimenticato, scrittore, pittore ed illustratore minuzioso quanto curioso e gentile nelle sue novelle. Nel libro si trovano integrazioni di altri autori comeAngelo Brofferio con “La Bell’Alda e i laghi di Avigliana”, Massimo D’Azeglio con “La Sacra di San Michele” ed i suoi dipinti, terminando con Pietro Galateri nello scritto “Arnaldo Dalla Rosa Romanzetto storico”.
Dai primi vescovi cristiani alla nascita dei principati quattrocenteschi, passando attraverso le invasioni barbariche, le lotte tra Longobardi e Franchi, le minacce dei Saraceni, le stagioni convulse dell’anarchia feudale, gli interventi di Federico Barbarossa, l’esperienza dei Templari, l’affermazione dei Liberi Comuni: un millennio di storia piemontese, dal IV al XIV secolo, nel quale le vicende regionali riflettono i grandi scenari dell’Europa cristiana. Il volume ricostruisce con rigore scientifico e semplicità narrativa un percorso tanto carico di suggestione quanto ancora poco conosciuto.
Il Medioevo è stato demonizzato come età oscurantista dall’Illuminismo ed esaltato come stagione mitica dal Romanticismo. In realtà, esso è stato l’uno e l’altro insieme: un’epoca ricca di contrasti e di turbolenze, ma anche di originalità e di energia, in cui andò definendosi il nuovo Occidente romano-cristiano.
I primi cento anni della sezione alpini di Vercelli sono rappresentati in questo volume attraverso racconti e fotografie. Non si tratta di un vero e proprio libro storico, ma di una raccolta di argomenti significativi che hanno caratterizzato questi cento anni. Strutturato in cinque parti, il percorso parte dalle origini, per poi affrontare i grandi temi vissuti a livello nazionale che hanno trovato riscontro nella realtà vercellese, la vita contemporanea, la presenza sul territorio attraverso i suoi diciotto gruppi ed infine un’appendice che raccoglie alcune curiosità. La stesura ha visto l’impegno e la collaborazione di alcuni studenti di scuola media secondaria che hanno avuto l’occasione di conoscere la storia di alcuni nostri “veci” e vedere da vicino l’impegno quotidiano profuso nel volontariato attraverso il gruppo di Protezione Civile.
1924-2024: continuare verso il futuro, è il titolo giusto per un libro fotografico che vuole trasmettere il nostro stile di vita, i nostri valori e soprattutto la capacità di farne memoria, attraverso qualche migliaio di alpini vercellesi che in questi cento anni hanno voluto raccogliere lo zaino delle glorie dei nostri avi per portarlo verso il futuro.
Dopo l’8 settembre 1943 e per tutto il 1944-45 la guerra ritornò sulle Alpi occidentali. Un fronte difficile, di sicuro molto meno importante e conosciuto della lineaGustav nell’Italia meridionale. Sulla cresta delle Alpi si combatté per mesi una strana guerra di posizione. Da una parte le truppe alleate e quelle del risorto esercito francese del generale De Gaulle, che non avevano la forza di passare all’offensiva in un terreno così aspro. Dall’altra alcuni reparti tedeschi della Wehrmacht, affiancati dalle divisioni della Repubblica Sociale di Mussolini, schierati in difensiva per bloccare l’aggiramento delle forze stanziate nella Pianura Padana. De Gaulle, ormai sicuro della vittoria alleata, attendeva il momento opportuno per scatenare l’offensiva finale ed occupare le aree occidentali del Piemonte e della Valle d’Aosta. Territori che voleva rivendicare come riparazione per l’attacco contro la Francia del 1940. L’ultima battaglia delle Alpi, combattuta pochi mesi prima della Liberazione e della conclusione definitiva del conflitto, fermò ancora una volta gli attaccanti sulle creste di confine, giocando un ruolo determinante nello stabilire gli equilibri dell’immediato dopoguerra.
Chi era la Maschera di ferro? Frutto di una leggenda fiorita tra il XVII e il XVIII secolo in ambienti francesi oppure una figura storica realmente esistita? Questa è la domanda che ha incuriosito gli storici, fin da quando il filosofo Voltaire venne a sapere della sua esistenza e collocò il misterioso prigioniero tra i parametri della realtà. Cercare oggi le tracce della Maschera di ferro è indubbiamente un’operazione rischiosa perché la leggenda e il mito sono dietro l’angolo e possono adulare lo studioso, indicando false piste. Ma abbiamo pensato che comunque vale la pena di tentare: sebbene la vicenda sia soprattutto un fatto storico francese, i suoi punti chiave insistono in due località dell’attuale Piemonte, a Pinerolo e al forte di Exilles. Di quale segreto era depositario quel prigioniero guardato a vista? Qualcosa di molto grave e importante, che avrebbe potuto sconvolgere le sorti di un paese. Senza la pretesa di svelare una volta per tutte l’enigma, cercheremo di fornire qualche risposta, operando senza preconcetti, lasciando che siano gli indizi e le tracce a parlare. Un contributo che offrirà al lettore un quadro generale sufficientemente ampio e uno stimolo ad approfondire la questione.
I castelli in Piemonte rappresentano un patrimonio vario ed estremamente affascinante. Molti castelli, come li vediamo oggi, nel tempo sono stati oggetto di rifacimenti, ristrutturazioni, restauri e se di alcuni siti si possono osservare dei ruderi, altri si sono perfettamente conservati come preziosi e vivi documenti di un’epoca.
Questa raccolta di castelli delle varie province del Piemonte è una selezione che, insieme al racconto di 75 dimore medioevali, ha anche l’intento di invitare a considerare queste costruzioni come protagonisti del paesaggio; costruzioni che innegabilmente offrono spazio all’immaginazione e all’emozione.
Attraverso le vicende delle mondariso, Bruna Bertolo riapre pagine di Storia che hanno per protagoniste assolute le donne, le tantissime donne, di ogni età, che affrontarono il duro lavoro nelle risaie. Una storia “corale”, in cui le vicende personali si inseriscono nel duro percorso del riconoscimento dei diritti, attraverso lotte che, dalla fine dell’800 agli anni 60 del secolo scorso, hanno visto in prima fila quelle lavoratrici che vissero in prima persona le difficili stagioni del riscatto sociale. In quel “mare a quadretti” che caratterizzaancora oggisoprattutto il paesaggio del Piemonte e della Lombardia, l’autrice inserisce in un percorso cronologico, accompagnato da un grande bagaglio iconografico, la storia oramai quasi entrata nel mito di quelle mondine raccontate anche dal celebre film “Riso Amaro”, inserendole in un quadro molto ampio fatto di ricordi, di canti, di scioperi, di scontri …. e qualche volta anche di amori.
Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna. I primi quindici giorni dell’Italia nella Seconda Guerra mondiale ebbero come teatro delle operazioni proprio la frontiera occidentale del Piemonte, della Valle d’Aosta e della Riviera Ligure. Il rombo del cannone tuonò sulle montagne e i soldati italiani attaccarono i francesi. L’offensiva si rivelò più tormentata del previsto, contro un nemico che, se sul fronte del nord est cedeva di fronte alla soverchiante avanzata delle armate tedesche, su quello alpino, ben protetto dalle opere fortificate, era deciso a resistere alle azioni offensive italiane.
Il racconto di quei giorni rivive in queste pagine, dove si alternano voci ed episodi di un conflitto difficile, nel quale gli avversari si fronteggiavano duramente, confrontandosi con l’ambiente severo della montagna. Il primo capitolo di una guerra che, in pochi anni, avrebbe portato alla fine del regime fascista e cambiato per sempre il destino del Paese.
Compare tra i finalisti del prestigioso Premio
“Monte Carmignano per l’Europa Memoria e Riconciliazione”
Il volume di Bruna Bertolo ripercorre i venti mesi della lotta resistenziale in Piemonte, a partire dall’8 settembre 1943, evidenziandone, in chiave sintetica, i principali momenti. Accanto alla guerra portata avanti dagli Alleati, il grande movimento resistenziale coinvolse non solo i partigiani saliti sulle montagne, ma l’intera popolazione: un ruolo fondamentale fu quello delle donne, degli operai nelle fabbriche, dei soldati e degli ufficiali che rifiutarono le lusinghe nazifasciste, affrontando lunghi periodi di prigionia nei campi di lavoro in Germania. Una Resistenza civile oltre che militare che seppe coinvolgere una parte significativa della popolazione creando una nuova coscienza civile e politica che troverà nella Costituzione la sua espressione migliore.