Il percorso della mulattiera, con partenza da dietro la chiesa di San Giovanni Vincenzo, ai piedi del castello abbaziale nel comune di Sant’Ambrogio di Torino, si inerpica fino alla borgata di San Pietro, proseguendo poi il sentiero si incontra il piazzale della Croce Nera e quindi il Sepolcro dei Monaci, fino alla Sacra di San Michele, con un dislivello di 609 mt. e una distanza di circa 3 Km.
Nel 1943 un Comitato si organizza e progetta il primo Santuario della Signora di Fatima in Italia. Il fascino spirituale del luogo è rappresentato, oltre che dal Santuario di Fatima in borgata San Pietro, dalle quattordici croci in pietra disposte lungo il percorso della mulattiera che simboleggia la Via Crucis. L’idea maturò ed iniziò il 23 febbraio 1943 e terminò il 16 maggio dello stesso anno. Calcolando il momento storico, gli scarsi mezzi a disposizione, i pochi soldi, ecc., è stato davvero un mezzo miracolo grazie anche all’aiuto di tutti i cittadini.
Questo Diario è ispirato a una storia vera, anzi, per la precisione, a due storie vere.
La prima, è uno dei tanti tristi episodi verificatisi nel periodo di occupazione tedesca in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il 21 Maggio del 1944, toccò al paesello di San Pietro, in Val di Susa.
L’altra storia, invece, è la mia. Voglio dire, quella dei miei ricordi di giovinezza vissuti, in gran parte, proprio come ospite in quello stesso paesello, soltanto... Riportati indietro nel tempo di circa trent’anni!
Corre l’anno 1943. Torino è sotto i bombardamenti. Chi può, è sfollato nelle vicine campagne sperando in un rifugio sicuro. Margherita è ancora una bambina quando è costretta a lasciare la città con la mamma mentre il papà parte per la guerra. Trovano rifugio nella vecchia villa di famiglia a S. Pietro, una piccola borgata sperduta tra le montagne della Val di Susa, che, da luogo di villeggiatura estiva, diviene, così, la loro nuova casa. Ma per Margherita, quel paesello non è soltanto un posto dove cercare protezione dalle bombe: ai suoi occhi di bambina è un Regno nascosto e misterioso in cui ogni cosa, persona e animale riesce a rivelare il proprio essere meraviglioso. Di quel posto magico fa parte, soprattutto, una persona, Tom, di cui è, certamente, innamorata (anche se lei non lo sa...). Tom è un bambino particolare, che ama guardare le rondini volare alte nel cielo e che vuole diventare, egli stesso, rondine e cielo. Nulla lascia presagire che la guerra si abbatterà con violenza anche lassù. Ma i due bambini non permetteranno a nessuno, neppure per un istante, di rubargli un ricordo o di distruggere i loro sogni e riusciranno, addirittura, a catturare il sole perché la sua luce possa proteggerli per l’Eternità. Margherita annota ogni ricordo di quest’avventura nel suo Diario, un’avventura piena di grande amore e bellezza, o, come dice lei, la “più bella, incredibile e paurosa” che le sia mai capitata.
Questo libro, corredato di un ricco apparato fotografico, esamina in filigrana ogni aspetto del particolare rapporto tra la Val Sangone e lo straordinario “frutto” che popola i suoi estesi boschi, divenuto da alcuni anni elemento di attrazione per centinaia di cercatori e di appassionati buongustai.
Immagini dal 1895 al 1945
Torino era così: una carrellata di immagini d’epoca di Torino, raccolte in un arco temporale di cinquant’anni, dal 1895 al 1945. Cinquant’anni di storia sono tanti o pochi, dipende dal periodo storico. A cavallo del XVII e XVIII secolo non fanno una grande differenza; ma fra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, cinquant’anni valgono più di un secolo. E per una città come Torino, che ha subito, proprio in quel periodo, intense e anche drammatiche evoluzioni, un intervallo di tempo di questo tipo risulta particolarmente significativo. Il viaggio del nostro fotografo torinese inizia dalla Piazza Castello e segue un percorso sempre discreto e silenzioso, tra le vie del centro e le rive del Po, a documentare con le immagini la bellezza di una città ricca di monumenti. Questa raccolta di immagini non vuole rispolverare sentimenti di nostalgia per il bel tempo che fu; e non ha neppure il proposito di rifare la storia torinese o di documentare l’evoluzione urbanistica della città. Vuole semplicemente suscitare una serie di emozioni alla scoperta del volto più vero della Torino di ieri, per fissare una volta per tutte le radici di una antica e splendida capitale.
Dal Risorgimento alla Resistenza
Questo libro nasce in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il testo raccoglie infatti i canti più signifi cativi che ci hanno accompagnato lungo il percorso del Risorgimento e dell’Italia unita tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo, senza trascurare i canti e gli inni testimoni delle vicende della Grande Guerra e del periodo tormentato che la seguì, con l’avvento del fascismo fino alla seconda guerra mondiale e alla Resistenza, che segnò la rinascita della nazione finalmente libera e democratica. Nel dar corso a questa ricerca di antiche testimonianze musicali si è cercato, per quanto possibile, di evitare la semplice e scontata raccolta di canti ed inni, più o meno noti: l’obiettivo è quello di mettere in relazione ogni brano con il periodo storico nel quale è stato scritto e cantato, in modo che ognuno rappresenti una testimonianza viva e popolare, legata agli episodi e alle fasi che hanno caratterizzato la storia dell’Italia tra Ottocento e Novecento. È stato quindi necessario accompagnare ogni brano con alcune note storiche, che forniscono al lettore quelle informazioni indispensabili per aderire all’obiettivo che ci siamo proposti. Poiché i versi sarebbero ben cosa senza la melodia, ogni brano è anche corredato di partitura, con tanto di note e di accordi per cantarlo e suonarlo con il pianoforte o la chitarra.Una storia che dura 90 anni
È la storia di un gruppo alpini, quello di Rivoli, che nel 2014 festeggia i suoi novant’anni di vita; una testimonianza viva e vitale di quello che è stato fatto in tanti anni di vita associativa per la comunità e sul territorio; ma è anche la storia delle truppe alpine, degli alpini in congedo e dell’associazione che li rappresenta, l’Ana. Un grande passato, che anche il gruppo di Rivoli ha contribuito a scrivere; non a caso tra i suoi soci fondatori ci sono diversi rivolesi del battaglione Exilles, che all’inizio della Grande guerra hanno costruito una delle pagine più eroiche del corpo conquistando il Monte Nero. Il libro raccoglie non solo dati e informazioni, ma anche sensazioni, emozioni, sentimenti. Obiettivo, senza retorica, non glissa di fronte a insuccessi o a vicende scomode, ma li presenta senza pregiudizi e riesce a trasmettere lo spirito alpino, specialmente quello del gruppo di Rivoli, che ha sempre alto il senso del dovere. Se dopo tanti anni gli alpini sono più vivi che mai, lo si deve certamente all’Ana, ma anche a sezioni battagliere come quella di Torino e a gruppi cocciuti come quello di Rivoli, che non ha mai mollato e ha saputo adattarsi al cambiamento dei tempi.
Le trasformazioni di Rivoli, da cittadina prevalentemente agricola raccolta attorno al suo imponente Castello sulla collina morenica, a città caratterizzata da un intenso sviluppo industriale. Un’evoluzione raccontata attraverso una serie di fotografie, tratte dagli “antichi cassetti” dei Rivolesi, che testimoniano i cambiamenti avvenuti tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900. Scorci insoliti, volti quasi dimenticati, pagine di costume, fasti e miserie di quel Castello che, da tanti secoli, costituisce un tratto distintivo della città: un modo per ricostruire pagine di Storia raccontate soprattutto dalle immagini.
Erano i primi anni del Settecento e in Europa era in corso una guerra. Lo Stato sabaudo era uscito vincitore dall’assedio condotto dai francesi contro la città di Torino e, contrattaccando, aveva conquistato e riannesso ai suoi territori le alte valli di Susa e del Chisone che da secoli giacevano sotto il dominio francese. Dopo la conquista, diventava oltremodo necessario erigere delle fortificazioni per bloccare un eventuale ritorno dei transalpini, così a Susa, sulla collina della Brunetta, nasceva un’opera imponente: una fortezza dalle dimensioni e dalle caratteristiche mai viste prima. Purtroppo i lavori non procedevano secondo i piani: troppi imprevisti, sabotaggi e fatti misteriosi ne rallentavano la costruzione. Gli operai e la stessa popolazione cominciavano a pensare che vi fosse qualche forza occulta contraria alla sua edificazione. A Torino vi erano forti preoccupazioni anche tra i progettisti, così i comandi militari decisero di affidare il compito d’indagare al capitano Pietro Ducco, comandante delle squadre che operavano nelle gallerie della Cittadella. L’ufficiale era molto apprezzato per la sua intelligenza e si era già distinto, qualche anno prima, durante l’assedio francese. Iniziava così l’avventura di questo giovane che, con i suoi uomini, cercherà di svelare il mistero. Pietro sarà investito da un insieme di fatti che lo coinvolgeranno sia sul piano professionale... sia su quello personale.
Sull’intero romanzo aleggia la misteriosa figura di Tànit, dea cartaginese, ritenuta anche protettrice delle streghe. Il protagonista l’ha idealizzata traendola da un bassorilievo di epoca romana ritrovato nei pressi di Borgone di Susa. Le musiche del film “Les parapluies de Cherbourg” fanno da colonna sonora al romanzo stesso. Il protagonista è un novarese poco più che cinquantenne, con trentennale esperienza in campo informatico. Tipo solitario, amante della propria terra, delle montagne della Valsesia e della natura in genere. Periodicamente si rifugia nella casa di Ciantüsèl, frazione di Borgone di Susa, dove in gioventù trascorreva le proprie estati presso la vecchia zia Virginia, “magna Ginia”, che si definiva la “masca buona” della casa, da lei chiamata “La capanna del Signore”. Durante una di queste permanenze, appare Martine, sua cugina di Ginevra, con la quale aveva avuto una breve relazione trent’anni addietro. Martine si porta dentro un doloroso segreto. Il racconto si sviluppa intorno ai due protagonisti, con fugaci ritorni del passato ginevrino e con l’apparente presenza di “magna Ginia”. Nell’intrecciarsi delle vicende di quei giorni trascorsi insieme nella vecchia casa, entrambi riusciranno a fare delle scelte risolutive per l’avvenire. Dopo essersi ritrovati, daranno l’addio alle rispettive quotidianità, dedicandosi al recupero delle terre abbandonate, con il ritorno ad una dimensione più umana in una natura pronta ad accogliere…
Questo libro è la mia testimonianza, quella di una giovane infermiera che ha affrontato e vissuto il Covid-19 da molto vicino: accanto ai pazienti.
È la realtà di una piccola struttura vissuta attraverso gli occhi, la testa, il cuore e lo stomaco di un’infermiera durante la pandemia.
Un diario atipico perché non scritto tutti i giorni, ma solo quando c’era bisogno.
Non vuole essere una dettagliata descrizione degli avvenimenti, ma semplicemente un racconto a tratti impreciso per le troppe emozioni provate che riporta solo ciò che la mente ricordava.
Per molti giorni il foglio di Word è stato un confidente a tarda sera, quando era impossibile dormire ed era troppo tardi per chiamare qualcuno.
Questo testo è stato un rifugio, ma anche una denuncia per affermare quanto nessuno di noi fosse pronto a gestire una pandemia, ma anche un forziere dove rinchiudere avvenimenti e sensazioni provate prima che il tempo iniziasse ad affievolirne i dettagli.