I castelli in Piemonte rappresentano un patrimonio vario ed estremamente affascinante. Molti castelli, come li vediamo oggi, nel tempo sono stati oggetto di rifacimenti, ristrutturazioni, restauri e se di alcuni siti si possono osservare dei ruderi, altri si sono perfettamente conservati come preziosi e vivi documenti di un’epoca.
Questa raccolta di castelli delle varie province del Piemonte è una selezione che, insieme al racconto di 75 dimore medioevali, ha anche l’intento di invitare a considerare queste costruzioni come protagonisti del paesaggio; costruzioni che innegabilmente offrono spazio all’immaginazione e all’emozione.
Gli ex voto analizzati sono una testimonianza visiva della vita quotidiana degli alpigiani, che ci è stata tramandata nei secoli. Molti sono i santuari, le chiese, gli oratori, le cappelle ed i piloni votivi sulle nostre montagne, che troppo spesso versano in condizioni fatiscenti, poiché prima ancora che il denaro, mancano le persone. Con questa ricerca si intende far conoscere l’importanza degli ex voto, la maggior parte dei quali ruota attorno alla famiglia, perno vitale delle attività economiche sulle quali puntare, per una ripresa di sviluppo in chiave attuale senza rinunciare alla tecnologia del nuovo millennio. A fianco, due quadretti votivi con cronache del tempo ancora attuali: un delitto passionale, ed un fenomeno di bullismo… ante litteram!
Le squadre di calcio della Valle di Susadal 1920 al 2010
Abbiamo sfogliato sessant’anni di pubblicazioni de “La Valsusa” trenta di “Luna Nuova” ricercato sui libri locali e consultato l’intero archivio della Federazione Italiana Gioco Calcio. Abbiamo intervistato decine di giocatori, ex calciatori, dirigenti e presidenti. La raccolta di fotografi e che nel corso dei mesi abbiamo avuto il piacere di scoprire e archiviare supera il migliaio. Nonostante tutto questo siamo sicuri di aver dimenticato qualcuno, siamo certi che qualche giocatore non si ritroverà nelle fotografi e pubblicate. Sarà per la prossima. A questo universo così variegato risalgono le immagini in bianco e nero di inizio Novecento, quando di certo gli sport che andavano per la maggiore, anche in Valle, erano le bocce e la bicicletta. Negli anni 20, probabilmente la palla rotolava già in tanti Comuni, ma poche realtà erano già organizzate per “gieughe a balon”.
Luoghi di villeggiatura, vicendee personaggi legati alle dimore
Questo libro raccoglie le storie delle residenze sabaude “minori”, quelle meno conosciute, fino ad ora rimaste all’ombra dei più celebri palazzi torinesi. In gran parte castelli, ville e tenute dove i personaggi di Casa Savoia, nelle varie epoche, alloggiavano in modo occasionale o temporaneo. Per ognuna di esse si forniscono notizie relative alle principali caratteristiche architettoniche e alle vicende storiche. Ma non solo: poiché ogni dimora è stata comunque in qualche modo “vissuta”, a ciascuna è stato associato un personaggio che vi ha lasciato il segno.
Fra gli esponenti della dinastia ci sono quelli più noti del ramo Carignano, diventati re d’Italia nel 1861, ma anche quelli che li hanno preceduti.
Il libro di Beppe Lachello, fotografo-poeta, è più di un’opera monografica di prestigio dedicata ai Gruppi Storici del Piemonte. È molto di più: è un compendio d’immagini e di visioni poetiche, colte e vissute attraverso l’obiettivo della fotocamera dell’Autore, per cristallizzare, da un lato, momenti di storia traslati nel presente, e d’altro lato, per collegare tra loro i mille e mille fotogrammi di una pellicola di scatti in sequenza, a comporre il film della storia del popolo piemontese. Sfogliando le magnetiche e suggestive fotografie del libro, talora ci sembra di sentir uscire dalle pagine gli ordini spietati del generale francese Nicolas Catinat, vera ossessione dei Piemontesi. Il fotografo coglie tutto con il suo obiettivo curioso, certo, ironico, sagace, ma mai indiscreto: anzi generoso nel cogliere, perché lo fa per restituirci quella bellezza sfuggente che occhi distratti o non avvezzi all’arte dello scatto spesso non scorgono. Tutto questo e molto altro è nel libro, tutto questo passa per l’obiettivo di Beppe Lachello. Un libro di fotografie e storia, bellissimo e istruttivo, per viaggiare
nel passato-presente, in compagnia dei favolosi Gruppi Storici piemontesi.
Rinaldo Trappo, nato a Bussoleno, in provincia di Torino, il 16 gennaio 1917 fu ordinato sacerdote nel 1939. Nel 1941 fu arruolato del 1° Reggimento Alpini come cappellano militare e partecipò alla guerra di Grecia. Nel dicembre 1942 partì per la guerra in Russia e visse la ritirata. Nel 1943 fu aggregato al Battaglione Ceva presso il Brennero. Il 9 settembre, prigioniero dei tedeschi, venne internato nei lager di detenzione da dove fu liberato nel 1945. Negli anni cinquanta, nominato Cappellano Militare ausiliario, fu inviato come missionario in Belgio e Svizzera. Nel 1953 cominciò l’insegnamento nella scuola elementare di Foresto. Sarà il primo italiano, nel 1980, a ritornare sulle rive del Don. Per i suoi merito militari e civili ricevette: tre croci al merito, il distintivo di volontario della Liberazione, il cavalierato e la commendatura della Repubblica. Divenne cittadino onorario di Meana di Susa e Leinì e fu nominato monsignore. Morì nel 2010.
Sessant’anni di tradizioni, di valori condivisi, di amicizie, di affetti, di amore per la Città, di senso di appartenenza ad una comunità; la storia del “nostro” Carnevale è tutto questo. Ora non più, sono cambiati i tempi, ma è anche stato il gusto di stare insieme ad allestire i carri sotto i porticati delle cascine, al gelo, ma riscaldati dalla passione, dalla voglia di stare insieme, dallo spirito competitivo e forse dall’amore che tanti ragazzi e tante ragazze scoprivano sotto il freddo cielo stellato del lungo inverno rivolese. Sono queste le atmosfere suggeriteci da questa ultima fatica di Bruna Bertolo; un passato romantico che rivive ogni anno alla tradizionale cena dei Conti; attraverso chi, sotto il “mantello verde”, ha interpretato quelle tradizioni, quei valori, quelle passioni, quegli amori arrivano racconti, episodi, scorci di memorie, sulle tracce di un sottile filo di nostalgia. C’è però chi non si può permettere di perdersi nostalgicamente nel dolce ricordo del passato, ma deve costantemente lavorare sul presente, perché il Carnevale continui a vivere tra noi, anno dopo anno. Sono gli amici della Pro Loco, sono gli amici del Gruppo Storico. Il Carnevale Rivolese è il risultato del loro costante impegno, della loro intatta determinazione, della loro forte passione; è il risultato del lavoro intenso di una “squadra” condotta con piglio decisionista e capacità organizzativa da Maria Amprimo. Come ho già detto in altra occasione potremmo definire Maria in tanti modi; io preferisco pensarla come una grande “amante” della sua Rivoli, su cui riversa passionalità, fedeltà, generosità e quindi… un amore incontenibile !
Ringrazio Maria, ringrazio gli amici della Pro Loco e del Gruppo Storico per aver voluto questo bel “racconto”.
Un pensiero di gratitudine va anche a Bruna che questo “racconto” ci ha reso, come suo solito, in modo impeccabile. E ora restiamo in attesa del colorissimo vortice di stelle filanti, di caramelle, di coriandoli della prossima sfilata del “nostro” Carnevale !
Le trasformazioni di Rivoli, da cittadina prevalentemente agricola raccolta attorno al suo imponente Castello sulla collina morenica, a città caratterizzata da un intenso sviluppo industriale. Un’evoluzione raccontata attraverso una serie di fotografie, tratte dagli “antichi cassetti” dei Rivolesi, che testimoniano i cambiamenti avvenuti tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900. Scorci insoliti, volti quasi dimenticati, pagine di costume, fasti e miserie di quel Castello che, da tanti secoli, costituisce un tratto distintivo della città: un modo per ricostruire pagine di Storia raccontate soprattutto dalle immagini.
Con quest’opera, Salvator Gotta conclude il ciclo dedicato al Risorgimento Italiano, dando particolare risalto alla terza Guerra d’Indipendenza.
Nel 1861 l’Italia poteva dirsi quasi fatta: mancava solo il Veneto e Roma. L’Italia, senza Roma capitale, era come un essere umano senza testa.
Era destino che il ritorno di Roma all’Italia avvenisse dopo la completa unificazione nazionale: si ebbe così, nel 1866, la sfortunata (almeno militarmente) terza Guerra d’Indipendenza nella quale l’Italia provò l’amarezza della sconfitta sia a Custoza (nome sempre infausto per noi) sia a Lissa. Tuttavia, grazie alla vittoria dell’alleata Prussia e all’abilità diplomatica dei nostri governanti, si riuscì ad ottenere buona parte del Veneto con Venezia.
E nel 1870 ecco giungere finalmente il momento tanto sospirato: le truppe di Vittorio Emanuele II invadono lo Stato Pontificio, cadono Civita Castellana, Bagnorea, Civitavecchia e, il 20 settembre, attraverso la breccia di Porta Pia i bersaglieri entrano in Roma. L’Italia è fatta!