Giovanni Carron e la nascita di Buttigliera nel contesto dello Stato sabaudo dei secoli XVII e XVIII e delle riforme di Vittorio Amedeo II.
Le proprietà terriere, le coltivazioni e gli allevamenti. Le abitazioni, l’istruzione e il sistema scolastico. La sanità, le epidemie di colera e l’armadio farmaceutico. La leva militare nelle guerre risorgimentali. Le vie di comunicazione e i mezzi di trasporto. La costruzione della ferrovia e l’avvento del telegrafo. Il nuovo acquedotto.
L’industrializzazione, la famiglia Vandel e la costituzione della comunità di Ferriera.
I primi conflitti di lavoro. Il triste declino della famiglia Carron. Le avversità e i lutti nella prima Guerra Mondiale. Strade, vie e piazze, la toponomastica attraverso il tempo.
Un arco di tempo che va dalla seconda metà dell’800 agli anni che precedono l’entrata in vigore della cosiddetta “Legge Basaglia” nel 1978. Qui si collocano le tante storie personali di donne che conobbero la realtà del manicomio: una realtà dura, mortificante, spesso violenta. Bruna Bertolo inserisce queste storie personali in un percorso storico che evidenzia le trasformazioni della Società italiana, senza mai perdere di vista i cambiamenti che, a poco a poco, modificarono il modo della Scienza di avvicinarsi alla malattia mentale. Un volume appassionato, ricco di immagini, rispettoso verso il mondo femminile portato in scena e che si avvale del prezioso contributo dello psichiatra Pier Maria Furlan.
La montagna è luogo di turismo e sport ma anche di cultura del gusto, dei sapori e delle tradizioni culinarie legate a un territorio, in questo caso a quello delle nostre Vallate.
Nella tradizione della sua cucina sono radicate ricette che si sono fatte conoscere e apprezzare con i loro sapori forti, ricchi di proteine, di sostanza perché ideate per nutrire persone abituate al lavoro duro, ai climi rigidi, alla fatica.
L’estro umano, nonne e nonni in prima fila, non si è mai posto molti limiti e ha creato ricette fantasiose, buone, gustose e ideali per tutti i palati.
Mondo vegetale e mondo animale sono la montagna e diventano componenti essenziali del gusto e dell’arte della cucina.
Annibale: “Troverò una strada o ne farò una”. W. Goethe: “Cerco di osservare ciò che ho sempre sotto gli occhi, il giardino di casa, la mia strada. E tutto mi sorprende”.
Questo libro è un paradosso. Sì, perché offre la possibilità di vedere una delle meraviglie paesaggistiche dell’arco alpino, ricco di bellezza e di storia, proprio “grazie” alle guerre che resero necessarie strade militari. Son proprio questi tracciati che oggi consentono di godere di luoghi di inaspettata bellezza della Valle Cenischia e della Valle dell’Arc in Maurienne con minore fatica e difficoltà.
La strada fu per le guerre e i militari oggetto di studio per il passaggio degli eserciti, per un escursionista è la possibilità di raggiungere vette superiori ai 3.000 metri con relativa facilità.
Le strade congiungono, collegano, attraversano, superano gli ostacoli del tempo, le strade ci aprono gli orizzonti dell’anima e ci guidano alla scoperta e alla bellezza. In passato raggiungevano l’ospizio del Moncenisio e l’abbazia di Novalesa che ospitavano poveri pellegrini che affrontavano viaggi anche nelle bufere degli inverni.
Questo libro segue dunque con un filo ideale, ma storico, le diverse strade che collegano il Moncenisio con la Maurienne, seguendo il passaggio di Carlo Magno per sconfiggere i Longobardi e perché no anche l’ardita ipotesi che pure Annibale fosse passato di qui. La Strada Reale, voluta dai Savoia per collegare Torino, la capitale, alla Savoia, loro terra d’origine, attraverso il valico del Moncenisio. E poi Napoleone che costruì l’attuale statale 25 superando i limiti della Strada Reale. Ma non solo. Attraverso le strada emergeranno le antiche contese e la storia della diga del Moncenisio, frutto di contrattazione tra Francia e Italia che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il Trattato di Parigi, cederà anche la Piana del Moncenisio alla Francia.
Che dire poi delle fortificazioni in posizioni strategiche, dei laghi e della vette panoramiche di una zona che ancora conserva cime glaciali, distese prative, fenomeni carsici un tempo appartenenti all’Italia. In clima di europeismo poco importa dove i confini tracciano l’appartenenza di una nazione, l’importante è che questo paesaggio resti testimonianza di secoli di storia.
Attraverso un percorso storico che parte dalle prime esperienze di volo, Bruna Bertolo ci fa scoprire la complessità e insieme la magia dell’avventura dell’uomo nei cieli. Un lungo viaggio che dimostra come la passione per il sogno del volo si sia nutrita nel tempo con episodi di eroismo, di coraggio, di sacrificio.
Uomini e donne avvicinati dallo stesso entusiasmo, spesso protagonisti di storie incredibili. Ma anche eventi più vicini, come la straordinaria esperienza dei World Air Games di Torino e il centenario dell’Aeroporto “Torino – Aeritalia”. Ripercorrendo la storia dell’aviazione l’autrice dipinge un affresco che ci conduce a scoprire alcuni aspetti poco noti della storia aeronautica in tutta la penisola.
Superga, un nome connesso a una lunga storia: la liberazione di Torino dall’assedio francese del 1706, l’erezione della grandiosa Basilica per onorare il voto del duca Vittorio Amedeo II in vista della battaglia liberatrice, l’arrivo a Torino di Filippo Juvarra. La costruzione della Basilica diede anche un grande impulso all’economia degli abitanti dell’area collinare che, attraverso il turismo domenicale, una pratica all’epoca quasi sconosciuta, videro accrescere le loro possibilità di lavoro e di guadagno. Dopo l’acquisizione del titolo regio, Vittorio Amedeo II pensò anche di fare di Superga il mausoleo di Casa Savoia: un luogo che raccogliesse tutte le salme degli appartenenti alla sua famiglia, come già avveniva in seno alle grandi dinastie europee. I successori dello Juvarra realizzarono un sacrario nel quale furono inseriti monumenti sepolcrali di raffinata bellezza. Superga è un nome legato anche alla tragedia che vide l’aereo che trasportava i giocatori del Grande Torino schiantarsi contro il terrapieno sul quale si erge la basilica. Fu un fatto terribile che non colpì solo il mondo dello sport ma tutta Italia pianse la perdita di una squadra che aveva fatto capire agli Italiani, usciti sconfitti e umiliati da un terribile guerra, che si poteva tornare a essere vincenti.
Ventidue mesi di vita “difficile” negli Stalag germanici.
9 sett.’43 – 26 giugno ‘45
Sull’intero romanzo aleggia la misteriosa figura di Tànit, dea cartaginese, ritenuta anche protettrice delle streghe. Il protagonista l’ha idealizzata traendola da un bassorilievo di epoca romana ritrovato nei pressi di Borgone di Susa. Le musiche del film “Les parapluies de Cherbourg” fanno da colonna sonora al romanzo stesso. Il protagonista è un novarese poco più che cinquantenne, con trentennale esperienza in campo informatico. Tipo solitario, amante della propria terra, delle montagne della Valsesia e della natura in genere. Periodicamente si rifugia nella casa di Ciantüsèl, frazione di Borgone di Susa, dove in gioventù trascorreva le proprie estati presso la vecchia zia Virginia, “magna Ginia”, che si definiva la “masca buona” della casa, da lei chiamata “La capanna del Signore”. Durante una di queste permanenze, appare Martine, sua cugina di Ginevra, con la quale aveva avuto una breve relazione trent’anni addietro. Martine si porta dentro un doloroso segreto. Il racconto si sviluppa intorno ai due protagonisti, con fugaci ritorni del passato ginevrino e con l’apparente presenza di “magna Ginia”. Nell’intrecciarsi delle vicende di quei giorni trascorsi insieme nella vecchia casa, entrambi riusciranno a fare delle scelte risolutive per l’avvenire. Dopo essersi ritrovati, daranno l’addio alle rispettive quotidianità, dedicandosi al recupero delle terre abbandonate, con il ritorno ad una dimensione più umana in una natura pronta ad accogliere…
La storia di Ugo è come un fiume a cui confluiscono tanti torrenti più o meno impetuosi, ognuno con la sua storia e con il suo stile narrativo. Il protagonista è, come tutti noi, il frutto di mille esperienze che hanno modellato il suo animo come fa l’acqua con la roccia. Nel fluire della storia affiorano ricordi, tristezze, sogni, amori a volte descritti con estrema poesia. Ugo ti sorprende. E mentre scorre il fiume con i suoi variegati apporti, il lettore si lascia coinvolgere dal ritmo alterno, dai mulinelli stilistici per poi giungere non ad una foce bensì alla tranquillità di un lago.
Margherita Petrillo
Secondo la tradizione la Sacra di San Michele venne fondata nel 998 nel luogo già dedicato dai Longobardi al culto dell’Arcangelo, in una posizione strategica di grande importanza. È situata infatti sulla via percorsa dai numerosi pellegrini che nel Medioevo si recavano dall’Italia a visitare i grandi santuari di Compostella e di Mont-St.-Michel e dall’Europa quelli di Roma e di San Michele Arcangelo sul Gargano. Ben presto l’Abbazia divenne non solo luogo di sosta e meta dei pellegrini, ma anche nucleo fortificato di difesa della popolazione, come testimoniano le mura che la cingono. Di grande interesse è la decorazione scultorea del Portale dello Zodiaco scolpito nel 1120 dal famoso scultore Nicolao.
Con questa pubblicazione il ‘Comitato Tridentina 1942-2018’, nato all’interno delle sezioni di Torino, Asti e Val Susa dell’Associazione Nazionale Alpini, vuole ricordare la partenza per la Russia, avvenuta nel luglio 1942 dalle stazioni ferroviarie di Torino, Asti, Chivasso, Avigliana e Collegno, delle unità e dei reparti della divisione alpina Tridentina, che avevano soggiornato per un anno in Piemonte svolgendo qui la preparazione per la nuova campagna di guerra. Per gli alpini piemontesi è un dovere morale ricordare quei giovani lombardi e veneti, che sono stati ospitati per un anno in questa regione, anche per le indicibili sofferenze cui sono andati incontro poco dopo in quella disastrosa campagna di guerra e per i tanti che non sono più tornati. L’anno trascorso in Piemonte fu per quei giovani alpini un periodo sereno prima della tempesta e in questo libro si ripercorrono quei dodici mesi grazie alle notizie raccolte non solo nei diari storici della divisione, ma anche nelle testimonianze dei reduci intervistati in questi anni, nei loro diari, in alcune pubblicazioni e nel racconto di due scrittori, Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern, che facevano parte della Tridentina ed erano stati nel torinese prima di partire per la Russia.
Il libro di Beppe Lachello, fotografo-poeta, è più di un’opera monografica di prestigio dedicata ai Gruppi Storici del Piemonte. È molto di più: è un compendio d’immagini e di visioni poetiche, colte e vissute attraverso l’obiettivo della fotocamera dell’Autore, per cristallizzare, da un lato, momenti di storia traslati nel presente, e d’altro lato, per collegare tra loro i mille e mille fotogrammi di una pellicola di scatti in sequenza, a comporre il film della storia del popolo piemontese. Sfogliando le magnetiche e suggestive fotografie del libro, talora ci sembra di sentir uscire dalle pagine gli ordini spietati del generale francese Nicolas Catinat, vera ossessione dei Piemontesi. Il fotografo coglie tutto con il suo obiettivo curioso, certo, ironico, sagace, ma mai indiscreto: anzi generoso nel cogliere, perché lo fa per restituirci quella bellezza sfuggente che occhi distratti o non avvezzi all’arte dello scatto spesso non scorgono. Tutto questo e molto altro è nel libro, tutto questo passa per l’obiettivo di Beppe Lachello. Un libro di fotografie e storia, bellissimo e istruttivo, per viaggiare nel passato-presente, in compagnia dei favolosi Gruppi Storici piemontesi.