Sull’intero romanzo aleggia la misteriosa figura di Tànit, dea cartaginese, ritenuta anche protettrice delle streghe. Il protagonista l’ha idealizzata traendola da un bassorilievo di epoca romana ritrovato nei pressi di Borgone di Susa. Le musiche del film “Les parapluies de Cherbourg” fanno da colonna sonora al romanzo stesso. Il protagonista è un novarese poco più che cinquantenne, con trentennale esperienza in campo informatico. Tipo solitario, amante della propria terra, delle montagne della Valsesiae della natura in genere. Periodicamente si rifugia nella casa di Ciantüsèl, frazione di Borgone di Susa, dove in gioventù trascorreva le proprie estati presso la vecchia zia Virginia, “magna Ginia”, che si definiva la “masca buona” della casa, da lei chiamata “La capanna del Signore”. Durante una di queste permanenze, appare Martine, sua cugina di Ginevra, con la quale aveva avuto una breve relazione trent’anni addietro. Martine si porta dentro un doloroso segreto. Il racconto si sviluppa intorno ai due protagonisti, con fugaci ritorni del passato ginevrino e con l’apparente presenza di “magna Ginia”. Nell’intrecciarsi delle vicende di quei giorni trascorsi insieme nella vecchia casa, entrambi riusciranno a fare delle scelte risolutive per l’avvenire. Dopo essersi ritrovati, daranno l’addio alle rispettive quotidianità, dedicandosi al recupero delle terre abbandonate, con il ritorno ad una dimensione più umana in una natura pronta ad accogliere…
La storia di Ugo è come un fiume a cui confluiscono tanti torrenti più o meno impetuosi, ognuno con la sua storia e con il suo stile narrativo. Il protagonista è, come tutti noi, il frutto di mille esperienze che hanno modellato il suo animo come fa l’acqua con la roccia. Nel fluire della storia affiorano ricordi, tristezze, sogni, amori a volte descritti con estrema poesia. Ugo ti sorprende. E mentre scorre il fiume con i suoi variegati apporti, il lettore si lascia coinvolgere dal ritmo alterno, dai mulinelli stilistici per poi giungere non ad una foce bensì alla tranquillità di un lago.
Secondo la tradizione la Sacra di San Michele venne fondata nel 998 nel luogo già dedicato dai Longobardi al culto dell’Arcangelo, in una posizione strategica di grande importanza. È situata infatti sulla via percorsa dai numerosi pellegrini che nel Medioevo si recavano dall’Italia a visitare i grandi santuari di Compostella e di Mont-St.-Michel e dall’Europa quelli di Roma e di San Michele Arcangelo sul Gargano. Ben presto l’Abbazia divenne non solo luogo di sosta e meta dei pellegrini, ma anche nucleo fortificato di difesa della popolazione, come testimoniano le mura che la cingono. Di grande interesse è la decorazione scultorea del Portale dello Zodiaco scolpito nel 1120 dal famoso scultore Nicolao.
Con questa pubblicazione il ‘Comitato Tridentina 1942-2018’, nato all’interno delle sezioni di Torino, Asti e Val Susa dell’Associazione Nazionale Alpini, vuole ricordare la partenza per la Russia, avvenuta nel luglio 1942 dalle stazioni ferroviarie di Torino, Asti, Chivasso, Avigliana e Collegno, delle unità e dei reparti della divisione alpina Tridentina, che avevano soggiornato per un anno in Piemonte svolgendo qui la preparazione per la nuova campagna di guerra. Per gli alpini piemontesi è un dovere morale ricordare quei giovani lombardi e veneti, che sono stati ospitati per un anno in questa regione, anche per le indicibili sofferenze cui sono andati incontro poco dopo in quella disastrosa campagna di guerra e per i tanti che non sono più tornati. L’anno trascorso in Piemonte fu per quei giovani alpini un periodo sereno prima della tempesta e in questo libro si ripercorrono quei dodici mesi grazie alle notizie raccolte non solo nei diari storici della divisione, ma anche nelle testimonianze dei reduci intervistati in questi anni, nei loro diari, in alcune pubblicazioni e nel racconto di due scrittori, Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern, che facevano parte della Tridentina ed erano stati nel torinese prima di partire per la Russia.
Il libro di Beppe Lachello, fotografo-poeta, è più di un’opera monografica di prestigio dedicata ai Gruppi Storici del Piemonte. È molto di più: è un compendio d’immagini e di visioni poetiche, colte e vissute attraverso l’obiettivo della fotocamera dell’Autore, per cristallizzare, da un lato, momenti di storia traslati nel presente, e d’altro lato, per collegare tra loro i mille e mille fotogrammi di una pellicola di scatti in sequenza, a comporre il film della storia del popolo piemontese. Sfogliando le magnetiche e suggestive fotografie del libro, talora ci sembra di sentir uscire dalle pagine gli ordini spietati del generale francese Nicolas Catinat, vera ossessione dei Piemontesi. Il fotografo coglie tutto con il suo obiettivo curioso, certo, ironico, sagace, ma mai indiscreto: anzi generoso nel cogliere, perché lo fa per restituirci quella bellezza sfuggente che occhi distratti o non avvezzi all’arte dello scatto spesso non scorgono. Tutto questo e molto altro è nel libro, tutto questo passa per l’obiettivo di Beppe Lachello. Un libro di fotografie e storia, bellissimo e istruttivo, per viaggiare
nel passato-presente, in compagnia dei favolosi Gruppi Storici piemontesi.
Un affascinante viaggio nei dintorni di Torino in tanti posti che meriterebbero una maggiore conoscenza da parte di tutti. Luoghi di rara bellezza paesaggistica, ma anche ricchi di storia, permeati di arte e cultura, ma che possono pure essere meta di svago e divertimento.
Guidati “come degli amici” dalle parole e dalle tante foto dell’autore, attraverso itinerari curiosi, riscoprirete la bellezza di un Piemonte nascosto.
Ricco di posti incantevoli, di veri gioielli celati in modo discreto, di fatti e personaggi storici spesso dimenticati.
La storia dei valichi alpini di buona parte delle Alpi Occidentali coincide con la storia di casa Savoia. I valichi delle Alpi Occidentali che interessano Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria si trasformano in un vero e proprio articolato e complesso sistema di comunicazioni a partire dal XIV-XV secolo, quando il casato sabaudo rivolge progressivamente la propria attenzione al Piemonte. Sino ad allora gli interessi dei Savoia gravitavano attorno alla regione ginevrina, al Vaud, alla Savoia. In una prospettiva di allargamento, per andare au-delà des Alpes, gli assi di movimento si configurarono subito lungo la Valle di Susa e la Valle d’Aosta col Piccolo e Gran San Bernardo, e più tardi, nel XVI secolo, anche lungo i passi cuneesi, che diventano “accessi” fondamentali verso la pianura e il mare.
Questo libro è quindi indirizzato a viaggiatori curiosi che riescano a coglierne il messaggio per un turismo intelligente e stimolante.
Erano i primi anni del Settecento e in Europa era in corso una guerra. Lo Stato sabaudo era uscito vincitore dall’assedio condotto dai francesi contro la città di Torino e, contrattaccando, aveva conquistato e riannesso ai suoi territori le alte valli di Susa e del Chisone che da secoli giacevano sotto il dominio francese. Dopo la conquista, diventava oltremodo necessario erigere delle fortificazioni per bloccare un eventuale ritorno dei transalpini, così a Susa, sulla collina della Brunetta, nasceva un’opera imponente: una fortezza dalle dimensioni e dalle caratteristiche mai viste prima. Purtroppo i lavori non procedevano secondo i piani: troppi imprevisti, sabotaggi e fatti misteriosi ne rallentavano la costruzione. Gli operai e la stessa popolazione cominciavano a pensare che vi fosse qualche forza occulta contraria alla sua edificazione. A Torino vi erano forti preoccupazioni anche tra i progettisti, così i comandi militari decisero di affidare il compito d’indagare al capitano Pietro Ducco, comandante delle squadre che operavano nelle gallerie della Cittadella. L’ufficiale era molto apprezzato per la sua intelligenza e si era già distinto, qualche anno prima, durante l’assedio francese. Iniziava così l’avventura di questo giovane che, con i suoi uomini, cercherà di svelare il mistero. Pietro sarà investito da un insieme di fatti che lo coinvolgeranno sia sul piano professionale... sia su quello personale.
La storia di un uomo che partendo da un piccolo paese della Valle di Susa in provincia di Torino, Caprie dov’è sempre vissuto, ha girato il mondo seguendo le sue passioni: i motori e le corse automobilistiche. Attraverso i suoi racconti, le sue foto, gli appunti del suo archivio, numerosi articoli di libri e riviste per i quali ha collaborato, senza dimenticare il materiale web, si parla della sua vita, la giovinezza tra i partigiani nel periodo della Liberazione, la sua partecipazione impegnata nella vita sociale del suo comune e principalmente delle corse di cui è stato di volta in volta protagonista diretto stando al volante o dietro le quinte, fino ai record mondiali con vetture speciali. Tutto questo senza mai dimenticare l’amore per la famiglia che è stato il motore che lo ha guidato per tutta la vita.
Un’idea che a pochi è venuta in mente, o almeno, è venuta, ma non hanno ritenuto opportuno metterla in pratica. Parlo dell’idea di realizzare il famoso “Il Piccolo Principe” in bilingue, l’italiano nella pagina sinistra e nella pagina a fianco la traduzione in piemontese, il piemontese “dij Brandé”. Un modo di avvicinare chi non sa leggere il piemontese, tanto meno scriverlo, a questa “lingua” a volte bistrattata. La traduzione non è completamente letterale, bensì nel modo più consono della parlata piemontese. Un modo divertente, insomma!
Le trasformazioni di Rivoli, da cittadina prevalentemente agricola raccolta attorno al suo imponente Castello sulla collina morenica, a città caratterizzata da un intenso sviluppo industriale. Un’evoluzione raccontata attraverso una serie di fotografie, tratte dagli “antichi cassetti” dei Rivolesi, che testimoniano i cambiamenti avvenuti tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900. Scorci insoliti, volti quasi dimenticati, pagine di costume, fasti e miserie di quel Castello che, da tanti secoli, costituisce un tratto distintivo della città: un modo per ricostruire pagine di Storia raccontate soprattutto dalle immagini.
Resistenza in cucina: è così che si può definire il contenuto del libro di Bruna Bertolo che non è una semplice raccolta di ricette, ma un’immersione vera e propria nel quotidiano degli Italiani negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Nel volume, accanto alle ricette suggerite dalla fantasia delle donne del tempo, ritrovate nei giornali
o raccolte attraverso preziose testimonianze orali, molte pagine di costume, storie personalidi coraggio e di sacrificio in un’Italia devastata dai bombardamenti e trasformata radicalmente anche nelle sue abitudini alimentari. E mentre di giorno in giorno cresceva la fame, in cucina le donne “nutrivano” la loro creatività con le ricette del “poco e del senza”, come evidenzia la prefazione di Pier Franco Quaglieni.
In edicola con il quotidiano La Stampa e Secolo XIX