Un’idea che a pochi è venuta in mente, o almeno, è venuta, ma non hanno ritenuto opportuno metterla in pratica. Parlo dell’idea di realizzare il famoso “Il Piccolo Principe” in bilingue, l’italiano nella pagina sinistra e nella pagina a fianco la traduzione in piemontese, il piemontese “dij Brandé”. Un modo di avvicinare chi non sa leggere il piemontese, tanto meno scriverlo, a questa “lingua” a volte bistrattata. La traduzione non è completamente letterale, bensì nel modo più consono della parlata piemontese. Un modo divertente, insomma!
“II Drago! Abbiamo visto il Drago, la notte di Ognissanti. La fine del Tempo è su di noi!”
E’ soltanto la profezia di un vecchio monaco che si aggira per le strade di Chambery, tuonando giudizi e imminenti castighi?
In citta, prigioniero del vescovo, c’è uno straniero pagano: Illait di Isley, custode dell’antico sapere druidico. E ci sono Amboise de Montsaivy, studioso e medico d’indiscussa fama, e la giovane Adelaisa, che Amboise sta conducendo al marchese Olderico Manfredi, nella Marca di Torino, perché è la sua promessa sposa. E infine c’è il capitano Colin Bois, il mercenario assoldato per accompagnarli.
Per tutti è l’inizio di un viaggio avventuroso che li trascinerà lungo la Valle di Susa fino alla nascente Sacra di San Michele.
Ma è anche l’inizio di un’unione che li portera molto più lontano.
Sull’intero romanzo aleggia la misteriosa figura di Tànit, dea cartaginese, ritenuta anche protettrice delle streghe. Il protagonista l’ha idealizzata traendola da un bassorilievo di epoca romana ritrovato nei pressi di Borgone di Susa. Le musiche del film “Les parapluies de Cherbourg” fanno da colonna sonora al romanzo stesso. Il protagonista è un novarese poco più che cinquantenne, con trentennale esperienza in campo informatico. Tipo solitario, amante della propria terra, delle montagne della Valsesiae della natura in genere. Periodicamente si rifugia nella casa di Ciantüsèl, frazione di Borgone di Susa, dove in gioventù trascorreva le proprie estati presso la vecchia zia Virginia, “magna Ginia”, che si definiva la “masca buona” della casa, da lei chiamata “La capanna del Signore”. Durante una di queste permanenze, appare Martine, sua cugina di Ginevra, con la quale aveva avuto una breve relazione trent’anni addietro. Martine si porta dentro un doloroso segreto. Il racconto si sviluppa intorno ai due protagonisti, con fugaci ritorni del passato ginevrino e con l’apparente presenza di “magna Ginia”. Nell’intrecciarsi delle vicende di quei giorni trascorsi insieme nella vecchia casa, entrambi riusciranno a fare delle scelte risolutive per l’avvenire. Dopo essersi ritrovati, daranno l’addio alle rispettive quotidianità, dedicandosi al recupero delle terre abbandonate, con il ritorno ad una dimensione più umana in una natura pronta ad accogliere…
L’appuntamento fissato per Amboise de Montsaivy è uno di quelli cui non si può mancare: il terzo giorno dopo la festa di San Giovanni deve presentarsi a Cluny per affrontare il giudizio cui l’ha costretto Chaffre de Revard. Ma Valentin, alchimista in Auxerre e amico di gioventu, gli chiede aiuto: dal Natale precedente, gli è stato proibito d’incontrare la nipote Agnes, novizia presso il monastero di Sainte-Madeleine di Vezélay, e di lei non sa più nulla.
Amboise, la giovane Artemisia, Illait di Isley e Colin Bois si trovano così coinvoiti in un mistero, perché dalla cella in cui è custodita la fanciulla, muta dalla nascita, si alza spesso un canto melodioso, in una lingua incomprensibile. E la badessa del monastero è la bella Maude de Belley, i cui poteri oscuri si infrangono contro quelli di Illait. Quel mese di giugno dell’anno Mille, gravido di eventi nefasti, vedrà trasformarsi molte vite sulla falsariga della Grande Opera alchemica.
Gloria sui campi «1959» e Camicie rosse «1860» formano, con questo libro, una trilogia che comprende gli avvenimenti storici principali per i quali – dopo i vani tentativi del 1848 e del 1849 – l’Italia riuscì a raggiungere la sua unificazione e liberazione dallo straniero.
Sono gli anni più gloriosi del Risorgimento Italiano, gli anni delle vittorie, dei grandi ardimenti guidati da eroi come Garibaldi e da uomini politici come Cavour. Se la completa unificazione della Patria non fu raggiunta che nel 1870, tuttavia nel fatidico triennio, i più gravi ostacoli vennero abbattuti, le più gloriose vittorie vennero conquistate, sì da costituire premesse inoppugnabili per il raggiungimento del fine supremo.
Anche qui, come nei due volumi precedenti, i fatti storici sono rigorosamente documentati, ma riprende la narrazione tratta dal diario di Michele Gaudino, rendendoci più viva e colorata la realtà dei fatti.
“Compiuta la traversata, approdarono a Genesaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati, e lo pregavano di poter toccare almeno l’orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano.”
Il percorso della mulattiera, con partenza da dietro la chiesa di San Giovanni Vincenzo, ai piedi del castello abbaziale nel comune di Sant’Ambrogio di Torino, si inerpica fino alla borgata di San Pietro, proseguendo poi il sentiero si incontra il piazzale della Croce Nera e quindi il Sepolcro dei Monaci, fino alla Sacra di San Michele, con un dislivello di 609 mt. e una distanza di circa 3 Km.
Nel 1943 un Comitato si organizza e progetta il primo Santuario della Signora di Fatima in Italia. Il fascino spirituale del luogo è rappresentato, oltre che dal Santuario di Fatima in borgata San Pietro, dalle quattordici croci in pietra disposte lungo il percorso della mulattiera che simboleggia la Via Crucis. L’idea maturò ed iniziò il
23 febbraio 1943 e terminò il 16 maggio dello stesso anno. Calcolando il momento storico, gli scarsi mezzi a disposizione, i pochi soldi, ecc., è stato davvero un mezzo miracolo grazie anche all’aiuto di tutti i cittadini.
Questo libro è la mia testimonianza, quella di una giovane infermiera che ha affrontato e vissuto il Covid-19 da molto vicino: accanto ai pazienti.
È la realtà di una piccola struttura vissuta attraverso gli occhi, la testa, il cuore e lo stomaco di un’infermiera durante la pandemia.
Un diario atipico perché non scritto tutti i giorni, ma solo quando c’era bisogno.
Non vuole essere una dettagliata descrizione degli avvenimenti, ma semplicemente un racconto a tratti impreciso per le troppe emozioni provate che riporta solo ciò che la mente ricordava.
Per molti giorni il foglio di Word è stato un confidente a tarda sera, quando era impossibile dormire ed era troppo tardi per chiamare qualcuno.
Questo testo è stato un rifugio, ma anche una denuncia per affermare quanto nessuno di noi fosse pronto a gestire una pandemia, ma anche un forziere dove rinchiudere avvenimenti e sensazioni provate prima che il tempo iniziasse ad affievolirne i dettagli.
Le 7 del mattino. Puntuali come sempre, i passi di una ragazza risuonano sotto le finestre dell’appartamento di Leo Delfos, si interrompono bruscamente e non riprendono più.
Che ne è stato della ragazza? L’indagine porterà Leo a scoprire una torbida vicenda d’amore e denaro che coinvolge il piccolo universo del V arrondissement e arriva fino ai salotti buoni di una Parigi elegante e insospettabile.
La storia di Ugo è come un fiume a cui confluiscono tanti torrenti più o meno impetuosi, ognuno con la sua storia e con il suo stile narrativo. Il protagonista è, come tutti noi, il frutto di mille esperienze che hanno modellato il suo animo come fa l’acqua con la roccia. Nel fluire della storia affiorano ricordi, tristezze, sogni, amori a volte descritti con estrema poesia. Ugo ti sorprende. E mentre scorre il fiume con i suoi variegati apporti, il lettore si lascia coinvolgere dal ritmo alterno, dai mulinelli stilistici per poi giungere non ad una foce bensì alla tranquillità di un lago.
Questo libro consta di due parti ben distinte ed è soltanto la prima che tratta minutamente la gloriosa vicenda della rivoluzione avvenuta in Milano nel marzo del 1848, riuscita a cacciare la dominazione austriaca, rivoluzione detta delle « Cinque Giornate ». Vi è protagonista un ragazzo allievo dei Martinitt, famoso orfanotrofio milanese che allevò giovani tra i quali molti hanno saputo raggiungere alte mete nel campo del lavoro.
Le due parti sono naturalmente guidate dai medesimi protagonisti,Alberto Biraghi e Clara Nonis, legati fra loro dal più squisito amore.